Dieci anni fa usciva Lo Hobbit: La desolazione di Smaug
Il 12 Dicembre del 2013 usciva nei cinema Lo Hobbit: La desolazione di Smaug. La versione cinematografica uscì anche nel formato 3D HFR, formato che morì con la trilogia de Lo hobbit. Ecco allora il mio vecchio pensiero riguardo al film.
La storia è semplice. La compagnia dei nani assieme a Bilbo e Gandalf è intenta a raggiungere la Montagna Solitaria per riprendere il possesso di Erebor, l’antica città dei Nani. Attraversando le oscurità di Bosco Atro, la compagnia si imbatte in una colonia di ragni colossali che li catturano per divorarli. E’ una squadra di elfi silvani in pattugliamento a salverli e condurli da prigionieri al cospetto di Re Thranduil. Tramite uno stratagemma di Bilbo i nani riescono a fuggire e imbattersi in Bard, cittadino di Pontelagolungo, la città sul fiume alle pendici della Montagna Solitaria. Nel mentre Gandalf si reca a Dol Guldur per ispezionare il luogo oscuro già visto nel primo capitolo trovandovi il Negromante, ovvero Sauron sotto mentite spoglie. I Nani recatisi a Erebor grazie all’aiuto di Bard e le istruzioni di un’antica profezia, affidano a Bilbo il compito di recarsi nelle sale del tesoro, ritrovare la preziosa Archengemma (un gioiello a loro caro) e verificare la presenza del drago Smaug, il possente drago che da decenni ha preso possesso di quei tesori.
Personaggi
Per mia colpa non ho mai terminato di leggere il libro per noia. A differenza de Il signore degli Anelli, Lo hobbit è un libro per bambini, una storiella di poche centinaia di pagine non proprio avvincente. Vi sono però alcune varianti introdotte nel film dal regista che non hanno trovato molto gradimento nel pubblico. La presenza dell’elfa Tauriel e il terribile cliffangher finale sono due casi emblematici. Peter Jackson non è estraneo al prendere i libri altrui e colorirli con personaggi inesistenti per inventarsi ad hoc situazioni che non stanno ne in cielo ne in terra. Nel caso de Lo Hobbit, Jackson scrive di proprio pugno il personaggio di Tauriel (Evangeline Lilly) come personaggio femminile in un film retto solamente sulla presenza di attori maschi. Il Tentativo poteva essere lodevole ma le situazioni paradossali che la coinvolgono rovinano tutto. Il triangolo amoroso che sembra coinvolgerla insieme a Legolas e il nano Kili è un qualcosa che fa arricciare il naso fin da subito, soprattutto considerando che nell’epica di Tolkien Nani e Elfi si odiano. Dunque come si può maturare la pretesa che ci possa essere questo risvolto romantico all’interno di tale sottotrama? E’ vero che nella trilogia il nano Gimli maturava una vera e propria infatuazione per Galadriel, ma qui i presupposti per lo sviluppo del rapporto Elfa-Nano sono superficiali e non approfonditi.
Il ritorno di Legolas non è così entusiasmante come me lo ero immaginato. Capace solo di fare un po di parkour senza mai imporsi come personaggio di rilievo perde tutto il carisma guadagnato nella Trilogia originale. E la recitazione di Orlando Bloom non aiuta. Peccato anche per Thranduil, il re del Reame Boscoso. Personaggio solo abbozzato, abbandonato con la stessa velocità con cui entra in scena. Anche qui non c’è una buona integrazione a livello di script tra protagonisti ed eventi, cosicché una volta che i nani fuggono da Bosco Atro già possiamo intuirne la sua scomparsa dalla scena. Non ultimo il cliffangher finale (cioè la chiusura brusca del film) lascia l’amaro in bocca dato che, improvvisamente, quando ci si ritrova nel centro dell’azione con il drago Smaug in preda alla furia, boom! Fine del film. Titoli di coda.
HFR
Ero curioso di sperimentare la rivoluzionaria tecnologia a cui Jackson si è rifatto. A suo dire l’HFR (High Frame Rate) sarebbe stato il formato del nuovo cinema moderno. Credo si fosse fumato un po troppa Erba Pipa quando si è immaginato una esperienza filmica così allucinata. Il pregio dell’ HFR è quello di rendere così nitide le immagini da evitare l’effetto sfuocato durante i repentini movimenti di macchina, e ciò mantiene inalterata la luminosità della pellicola e l’immersione nella scena. Peccato che sembra di assistere ad una fiction televisiva ove si perde tutta la magia del cinema in quanto tale, quel senso di filtro solitamente percepito come interposto tra la realtà e il mondo oltre lo schermo. Si perde il senso di immersione nella dimensione parallela in celluloide, cercando un realismo che francamente non mi ha emozionato. Inizialmente la velocità dei 48 fbs (frame per secondo) è straniante e si vive un cinema a cui non si è abituati; poi l’occhio si abitua e tutto migliora, senza smarrire mai però la percezione di filmato da videogioco. Gli orchi (realizzati quasi sempre in CGI) appaiono deliberatamente finti, plasticosi, congeniati male e senza personalità (salvando Azog L’usurpatore). La loro resa è inferiore a quella de Il Signore degli Anelli, e ancora mi domando come si possano creare orchi meno realistici di quelli elaborati con una tecnologia di undici anni più vecchia. Per contro i Ragni di Bosco Atro sono sicuramente gli aracnidi giganti più convincenti che abbia mai visto sullo schermo: agili, minacciosi, organizzati come una piccola armata. L’ HFR qui fa un lavoro eccellente, regalando una nitidezza d’immagine stupefacente. Ho molto apprezzato l’espediente usato da Jackson per non perdere un dettaglio rilevante della storia: i ragni parlano. Nel libro comunicano tra loro usando una lingua del tutto comprensibile a Bilbo, diversamente da Shelob che si limitava a sibilare e ringhiare. Ne lo Hobbit è l’anello che da a Bilbo il potere di comprendere la lingua dei ragni, trovando un ottimo compresso tra credibilità delle creature (i ragni non parlano) e l’originalità del libro.
La loro presenza però sullo schermo dura poco ed è sbrigativa. Non c’è un senso di minaccia, ne di paura; è solo una scena d’azione spettacolare che si conclude per lasciare spazio ad altro. Tralasciando il discorso riguardante Beorn il Mutapelle che in pratica è assente (tanto valeva fargli fare la fine che avevano fatto fare a Tom Bombadill ne La compagnia dell’anello) rimando la questione drago Smaug alla fine.
Peter Jackson
L’ idea del regista di allungare il brodo da due a tre film poteva essere buona se solo avesse avuto la capacità di non farcelo pesare troppo. Invece si sente parecchio il brodo allungato. Ore di lunghi discorsi senza senso fatte più o meno da tutti i protagonisti per il solo fine di allungare la durata del film e giustificare l’operazione commerciale. Il dramma è che queste ciance non migliorano la percezione degli eventi, rappresentando solo un estenuante monologo senza fine fatto da nani, elfi, stregoni, orchi e uomini. Pure il drago Smaug è logorroico. Un drago che riconosco essere il miglior drago si sempre. E’ malefico, veloce, furbo. Per quasi venti minuti ci racconta di tutto e di più. Una personalità complessa, egocentrica, che ruba la scena a tutti i protagonisti. Un drago realizzato sapientemente con una CGI superba, soprattutto se si considera come i suoi movimenti facciali siano stati trapiantati dalla faccia di Benedict Cumberbatch attraverso la sua performance capture, ma che arriva aimè al termine di un film lungo e pesante.
Concludendo
Lo Hobbit è un film deludente, pesante e mal concepito. Una produzione meramente commerciale sviluppata per fare cassa e soddisfare le tasche dei creditori. L’assenza di una fonte scritta corposa su cui rifarsi ha portato a colorire la storia originale con artifici molto discutibili che hanno fatto del film un’opera di poco senso, o quantomeno discutibile. Ingiustificabile una divisione da due a tre film, benchè riconosca che si può giudicare l’opera completa solo dopo la visione del terzo capitolo La battaglia dei cinque eserciti.