Recensioni

Iron Man 3

Inizia col botto la Fase 2 dell’universo cinematografico Marvel. Iron Man 3 è ufficialmente arrivato in sala, suscitando comunque numerose perplessità. Un film diverso dai suoi precedenti capitoli, con una sceneggiatura fuori dagli schemi che spesso spiazza chi il fumetto dell’eroe di metallo l’ha letto fino alla noia. Quello che colpisce fin da subito è lo scostamento radicale che il film intraprende rispetto alla figura del Mandarino, ricalcando la story line del celebre albo Extremis, dal quale tutta la storia origina. Ma procediamo con ordine.


La storia della pellicola ruota intorno al rapporto tra Tony Stark (Robert downey Jr.) e il suo essere Iron Man, una connessione tanto forte da compromettere le sue sicurezze e i rapporti interpersonali. L’armatura diviene un sicuro rifugio dai pericoli del mondo, soprattutto dopo gli eventi traumatici vissuti nella battaglia di New York contro i Chitauri, che ha causato all’eroe una specie di sindrome da stress post traumatico. È un Tony diverso, insicuro, spaventato, ossessionato dal costruire armature sempre più adatte alle sue esigenze (che il film non ci mostra praticamente mai). La Mark42 è il fiore all’occhiello della sua scuderia, benchè ancora solo un prototipo sperimentale, spesso imperfetto nell’ attaccarsi al suo corpo tramite connessione mentale ma  col vantaggio di poter essere teleguidata a distanza. A minacciare la sua vita e quella dei suoi cari sarà Aldrich Killian (Guy Pierce), un eccentrico scienziato che finanzia lo la ricerca di un virus capace di autorigenerare il corpo umano, dotandolo al tempo stesso di forza e agilità fuori dal comune.


In tutto questo marasma si inserisce l’ombra del terrorismo globale, rappresentata dal Mandarino (Ben Kingsley), vera fusione di metodologie terroristiche rubate un po qua e un po là. Un super cattivo da temere, se non fosse per un particolare di non poco conto, il Mandarino è un attore pagato per interpretare una minaccia che in realtà non ha nessuno stampo terroristico. Chi conosce il mondo Marvel sa quanto sia invece reale e potente questo villan, dotato di poteri psichici (e non solo) per via dei suoi dieci anelli, vera nemesi di Stark fin dall’alba del fumetto. Nel film è un villan ridotto a elemento farsesco, umoristico e per nulla in sintonia con la serietà che ci sarebbe aspettati. Se il trailer di lancio del film è stato confezionato con l’idea di spiazzare e depistare lo spettatore, direi che ha compiuto il suo lavoro egregiamente. Personalmente mi sento parecchio preso per il culo (e incazzato). Joss Whedon (regista di Avengers per chi non lo sapesse) di recente esaltava il finale del film, definendolo spettacolare e avvincente. Concordo! Quando la minaccia è formata da un esercito di soldati geneticamente resi invulnerabili, solo un esercito di armature può contrastarla a dovere. Tony richiama a se le sue creature indossandole a ripetizione una dopo l’altra, in una sequenza di eventi spettacolare che difficilmente potrà essere dimenticata. L’ordine viene ristabilito, il nemico sconfitto, la pace ripristinata.


Titoli di coda. La scena post credits del film consiste in una seduta psicanalitica tra Tony e un Bruce Banner/Hulk, tutt’altro che interessato al racconto dell’eroe, ma li solo in qualità di medico e amico. Si perchè il film è una sorta di flash back, narrato con una fastidiosa voce fuori campo da Robert Downey Jr. che fa tanto American Beauty (e fa anche tanto schifo). Insomma un film spettacolare ma decisamente imperfetto, a tratti slegato dalla continuity marvel, con toni scanzonati e vicende senza ne capo ne coda, il tutto in salsa spy-thriller, con un Tony Stark più detective che genio, miliardario, playboy, filantropo.