The Martian – Cinque pignolerie marziane
Ci siamo messi a fare i pignoli su alcuni stratagemmi che Matt Demon applica in The Martian per scampare alla morte sul pianeta rosso. Ci sono alcune divergenze rispetto al libro di Andy Weir da cui il film è tratto (e che trovate su Amazon), ma i dubbi vertono essenzialmente sulla possibilità di coltivare e nel caso di comunicare con la NASA da una distanza tanto lontana. Ci siamo chiesti se le condizioni ambientali di Marte siano quelle mostrate nel film e se sia possibile sopravvivere tanto a lungo in un pianeta simile. Una rapida ricerca ci ha svelato molti misteri scientifici che il film spesso romanza per questioni cinematografiche. Vediamone alcuni.
La gravità alterata
Nel film i protagonisti si muovo sul suolo marziano con estrema agilità, come se non vi fosse differenza sostanziale tra la gravità marziana e quella terrestre. In verità la differenza c’è, visto che su Marte l’accelerazione gravitazionale è circa il 40% di quella terrestre. Per fare un paragone, sulla Luna tale valore è intorno al 16%. Dunque su Marte gli astronauti non avrebbero la stessa leggiadria nei movimenti di Neil Armstrong, ma un certo movimento fluttuante si registrerebbe sicuramente. Su Marte un uomo della stazza di 90 Kg peserebbe all’incirca 33.8 Kg terrestri. Per giustificare questo errore di fondo, il regista Ridley Scott ha affermato che gli astronauti si muovono agilmente senza fluttuare poichè indossano un equipaggiamento dal peso particolarmente elevato che gli tiene ancorati al suolo.
Usare le feci umane per coltivare
Usare le feci per coltivare è una pratica che in Cina è stata perpetrata per secoli. I rischi che si incorrono nell’utilizzo della pratica di compostaggio delle deiezioni umane sono elevate, poichè contengono micro organismi patogeni che possono avvelenare il corpo in modo anche grave. Nel film Mark Watney utilizza le feci di tutti i componenti della sua spedizione per riuscire a fertilizzare il terriccio marziano, confidando nell’efficacia dei batteri presenti all’interno della “cacca”. In verità questa mossa, pur avendo una sua efficacia, lo espone al rischio di contaminarsi con agenti patogeni presenti nelle feci altrui. Diversamente nel libro si affronta questa problematica con un approccio più razionale, considerando come fertilizzante solo le sue feci, le quali avrebbero avuto dei batteri non pericolosi per il suo organismo poichè da questo stesso prodotti, risultandone immune. Oltre ai batteri, le feci forniscono anche l’azoto, essenziale per la crescita delle piante e non presente in natura su Marte.
Le tempeste Marziane
L’evento che funge da motore della storia è la tempesta marziana iniziale, quella che costringe il comandante Lewis ad abortire al missione e che scaraventa mezzo morto Mark Watney a decine di metri di distanza dal MAv e dalla salvezza. Una tempesta imprevista e inaudita che però potrebbe non avere tutta questa potenza distruttiva, poichè le condizioni atmosferiche di Marte sono molto diverse da quelle Terrestri. “Ogni anno ci sono su Marte tempeste di polvere moderatamente forti che coprono aree di dimensioni continentali e durano per settimane”, aveva commentato Michael Smith, scienzato planetario del Goddard Space Flight Center della NASA, nel Greenbelt, Maryland. Secondo la NASA è altamente improbabile che questi fenomeni possano bloccare un astronauta sul pianeta e tanto meno essere in grado di far volare le attrezzature. “La differenza fondamentale tra la Terra e Marte è che la pressione atmosferica che su Marte è molto ridotta”, aveva detto William Farrell, un fisico del plasma che studia le tempeste di polvere marziane al Goddard. “Così il vento soffia ma non con la stessa intensità”. “L’aria è semplicemente troppo sottile perché il vento possa fare danni”, aveva dichiarato Jim Green direttore planetario della NASA, quindi, anche una folata da 160 chilometri orari, che sulla Terra sembra spaventosa, su Marte quasi non ha forza. (fonte)
Produrre acqua
Mark Watney ha un grosso problema su Marte: produrre acqua, necessaria sia per coltivare che per idratarsi nel lungo termine ed evitare la morte. La soluzione gli arriva sfruttando i materiali a sua disposizione, ovvero unendo l’idrazina all’iridio. Il primo è un materiale usato come propellente, il secondo un minerale presente nella strumentazione dell’HAB. Colando goccia a goccia l’idrazina sull’iridio, si sviluppa un vapore composto da azoto e idrogeno, che convogliato verso una fiamma pilota, bruciato e liberato in una stanza satura di ossigeno genera H2O, cioè acqua. Ma è tutta fatica sprecata poiché dai recenti studi geologici di Marte, l’acqua è presente nel sottosuolo marziano stesso. E’ salata e fluisce con diverse intensità a seconda delle stagioni. Ogni metro cubo di terra ne contiene circa 35 litri e a Watney sarebbe bastato scavare, raccoglierla e riscaldarla.
Il pericolo delle radiazioni
Il film non sembra curarsi di questo aspetto, anzi ad un tratto Watney decide che per non congelare è necessario disseminare il generatore a radio isotopi e piazzarlo nel retro del proprio Rover a mò di stufa. Nelle sue condizioni lo avremmo fatto tutti, ma la pericolosità delle radiazioni resta una fonte di grande preoccupazione per la NASA. Grazie alla missione Curiosity si è infatti determinato il grado di radiazioni che un futuro astronauta sarebbe chiamato ad assorbire sia durante il viaggio di 180 giorni verso Marte, sia durante eventuali missioni “in esterna” sulla superficie del pianeta. Curiosity da determinato che nei 180 giorni di viaggio si assorbono mediamente 300 mSv, l’equivalente di 24 tomografie assiali computerizzate (TAC) nonchè 15 volte il limite annuale fissato per un lavoratore di una centrale nucleare. Sulla superficie del pianeta rosso i valori sono risultati inferiori, ma è certo che una missione su Marte, con lungo viaggio di andata e ritorno e una breve permanenza sul pianeta (si parla comunque complessivamente di più di un anno), significherebbe bombardare gli astronauti con una enorme quantità di radiazioni che farebbero aumentare il rischio di cancro e i possibili problemi cardiovascolari. Un limite che ancora rende le future missioni marziane un’incognita. (fonte NationaGeographic)