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Split – Recensione

Lasciatosi alle spalle un lungo periodo di ristagnazione artistica, M. Night Shyamalan ritorna sui suoi passi con il bellissimo Split, riscoprendo tutti gli stilemi del suoi cinema che parevano essersi smarriti nel lungo periodo intercorso da The lady in the Water ad After Earth. La sua firma è ovviamente tutta concentrata nel twist finale, momento in cui il vissuto della pellicola ritrova spazio in una mitologia più ampia, iniziata con Unbreakable e mai proseguita per mancanza di idee. Ci sono voluti 17 anni per espandere quel mondo  in cui, con un revisionismo da manuale, Shyamalan fu tra i primi a contestualizzare nel reale i supereroi, in un’amalgama ben dosata tra stile cinematografico e la drammaticità del ruolo dell’eroe. 

La storia di Split pesca dal reale e dall’incredibile vicenda di William Stanley Milligan, un uomo vissuto a metà degli anni 50 e affetto da disturbo dissociativo della personalità, un disturbo che portò la mente di Milligan a frantumarsi in ben 24 personalità distinte e tutte connesse secondo una rigida gerarchia. Da questo spunto nasce il personaggio di Kevin Wendell Crumb interpretato da James McAvoy, il quale pur vantando 24 personalità (l’orda) ne manifesta davanti allo schermo solo cinque. A capo dell’orda emerge La Bestia, la personalità dominante dotata di una forza sovraumana e un’agilità fuori dal comune, nonchè intenzionata a nutrirsi delle giovani ragazze rapite all’inizio del film a conferma del suo potere primordiale su tutte le altre enità. 



Split è sostanzialmente un sequel di Unbreakable ben celato dietro una storia che pesca dal reale mixandolo con l’horror contemporaneo. Non si ha percezione del legame tra le due pellicole se non nei minuti finali, introdotti dal main theme di Unbrakable (la traccia Visions di John Newton Howard) secondo un metodo innovativo che fa presagire la connessione prima con le orecchie e poi con le immagini. Per chi ha amato Unbreakable la sorpresa arriva inizialmente in forma acustica e, solo dopo che si è arrivati a capire cosa sta accadendo, in forma narrativa rivelando un Bruce Willis invecchiato nei panni dell’indistruttibile David Dunn, la cui espressione finale presagisce il continuo della storia. Dunn abbozza un enigmatico sorriso beffardo difficile da decodificare, ma che sembra dire <dopo tanto tempo, finalmente un nemico alla mia altezza>. 

Di Split colpisce, oltre l’immancabile cameo del regista, la bravura recitativa di McAvoy nell’intervallare con maestria le personalità di Kevin senza soluzione di continuità, non perdendo credibilità nemmeno quando carica con eccesso la mimica facciale, in un’interpretazione che con ogni probabilità gli varrà una futura candidatura oscar. Si inizia dunque a parlare di Unbreakable 2, pellicola in cui molto probabilmente Dunn dovrà vedersela con L’orda, villan spettacolare di una saga appena agli inizi.