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Nymph()maniac Vol. I & II

guarda il trailerPartiamo da un presupposto alla Forrest Gump: se stupido è chi lo stupido fa, il regista è ciò che il regista fa. Mi spiego. L’approccio creativo a un film, pensato, scritto, prodotto e infine girato da un regista non può non richiedere una qualche partecipazione personale dello stesso, che attinge alla sua visione delle cose. Con questo non voglio dire che George Lucas si sente un Jedi, ma solo che in lui alberga un qualche amore verso quel tipo di fantascienza, tale da spingerlo a girare sei film su uno stesso soggetto. Così come Lucas,  Lars Von Trier rivela molto della sua personalità e delle sue convinzioni scegliendo di girare la sua lunga analisi riguardante la vita della ninfomane Joe. Decide di farlo senza filtri, senza paura di essere giudicato per le immagini che sceglie di mostrare, senza timore di far scandalo.

In verità se il film non mostrasse tutti quei peni, tutte quelle vagine e tutte quelle scopate, non avrebbe francamente senso. Si parlerebbe di qualcosa che non si vede, chiedendo al pubblico-spettatore lo sforzo mentale di immaginare cosa mai sta succhiando la protagonista fra le gambe del fortunato di turno, all’interno della carrozza di prima classe di un treno. Si vedrebbe una testa che fa su e giù in primo piano, ma il cui atto si consuma fuori dall’inquadratura. Il vedere nel film di Von Trier è importante per capire il messaggio della pellicola, per entrare in empatia coi personaggi e per immedesimarsi nelle vicende dei numerosi protagonisti.

Nymphomaniac più che una riflessione sul sesso è una riflessione sulla sessualità, descritta come una componente essenziale e spesso distorta del comportamento umano, ma dal quale nessuno può sfuggire. Nemmeno Seligman, l’interlocutore di Joe interpretato da Stellan Skarsgard, il quale a circa tre quarti di film si dichiara senza tanti preamboli felicemente asessuato. Nella sua scelta di inibire alla fonte la sessualità, l’uomo ammette di aver provato alcuni istinti in gioventù, ma di non averli alimentati da una vita sessuale attiva e reprimendoli con un’ esistenza morigerata. Dunque asessuato e ninfomane che tirano le fila della narrazione è un po come assistere a un intenso scontro psicanalitico tra Eros e Psiche, dove entrambi cercano di supportare le proprie tesi con valide argomentazioni,  lasciando però scegliere allo spettatore da che parte schierarsi.



Dividere il film in due volumi è stato come rovinare il film stesso. Se esso è stato concepito per durare quattro ore, non vedo l’esigenza di costringere il pubblico a dover pagare due biglietti per recarsi al cinema a venti giorni di distanza dalla prima proiezione (molti forse nemmeno ritorneranno). Insomma non è Kill Bill. I due volumi sono talmente intrecciati che vederli in due riprese sicuramente smussa la forza emotiva che il primo capitolo riesce a donare. Bisogna rientrare nel vortice della storia, connettersi mentalmente ai personaggi, riappropriarsi tutte le emozioni precedentemente provate. Ci vuole impegno! Come se non bastasse i volumi sono ampiamente sbilanciati. Il primo è potente, inaspettato e spregiudicato nel descrivere la crescita dell’ossessione verso il sesso della protagonista Joe, interpretata da una Stacy Martin molto più in parte della Gainsbourg. C’è la sua traumatica perdita della verginità, il primo amore provato nei confronti di Jerome, la morte tragica dell’amato padre, l’orrore della consapevolezza di non riuscire più a provare l’orgasmo. Il tutto condito da digressioni romantiche sulla pesca, sui tramonti e sulla lirica. Nel secondo film si prosegue in un’assidua ricerca verso il piacere perduto che sprofonda nella spirale di pratiche sadomasochistiche violente, concludendosi con l’esercizio di un particolare impiego lavorativo che la condurrà ad incontrarsi con la problematica personalità di P (Mia Goth) e subirne il suo tradimento.


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 Mal gestito è il cambio parte tra la Joe giovane e la Joe adulta. Ciò è dato dal fatto che nel cambio dell’ attrice, non avviene un contestuale cambio  dell’attore che con lei condivide una relazione. Dunque ci si ritrova da un momento all’altro la Gainsbourg ( al posto della Martin) che affianca Shia Lebouff (il partner), rovinando molta della credibilità che il film vantava di avere. Sarebbe stato indicato un cambio anche dell’attore maschio, più adulto e in sintonia con l’età avanzata della Gainsbourg. Controversa anche la tesi difensiva della pedofilia, verso la fine del volume secondo. Forse fondata nel ragionamento ma assolutamente evitabile nel film. Non credo ci sia stato un solo spettatore che abbia provato la pietà patita dalla protagonista (che si diletta sempre per pietà in un pompino) verso quell’uomo eccitato all’inverosimile dalla fantasia di avere un bambino nudo nel proprio letto. Emerge da qui tutto il sentimento provocatorio di Lars Von Trier, al pari delle sue dichiarazioni di sentita vicinanza con Hitler davanti ad un folto pubblico durante il festival di Cannes del 2012. 


Nymphomaniac 15 photo by Christian Geisnaes


Ciononostante Nymphomaniac è un film intelligente, forse il migliore del regista, ma che pecca per la sua ingiustificata lunghezza, certamente ridimensionabile. Per contro, forte è il peso dei tagli effettuati nelle scene più scabrose. La copia distribuita è infatti una versione rated disapprovata dal regista stesso e priva delle inquadrature più peccaminose. Se un’opera è concepita in un certo modo, credo debba essere divulgata come tale, per quanto provocatoria o disturbante possa essere. Il visto della censura è solo il meccanismo dei benpensanti di imporre la propria visione delle cose alla massa, spesso reputata sensibile o immeritevole di assistere alla visione di una vagina pelosa gigante su uno schermo cinematografico largo dieci metri.  Nel complesso il film descrive un sesso depressivo, non eccitante, cupo e vissuto come una condizione malata dal quale non vi è redenzione. Difficile quindi vedere Nymphomaniac come un porno o trovare in lui gli stessi stimoli del cinema a luci rosse. L’effetto è invece opposto e impone  una lunga riflessione sul significato che il sesso ha e come siamo capaci di viverlo all’interno di uno spettro emozionale in cui l’asessuato Seligman e la ninfomane Joe ne rappresentano gli opposti.