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Interstellar – Recensione

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Hans Zimmer fa il miracolo ancora una volta componendo una soundtrack spettacolare per un film altrettanto magnifico. Se avete visto il film almeno una volta, non potrete restare del tutto indifferenti alle note di No Time for Caution, riascoltabile qui. L’ultimo film di Nolan segna l’ennesima collaborazione col compositore tedesco, dopo la trilogia di Batman, Inception e The Prestige. Un sodalizio che produce sempre pellicole di altissima qualità, amplificandone il potere di conquista del gradimento del pubblico. Interstellar è un film a tratti lento, a tratti veloce, a tratti action, a tratti riflessivo. Ma non perde mai il filo conduttore della vicenda, riavvitandosi sul finale in una storia quasi ciclica ma non del tutto perfetta. La quadratura del cerchio ha preteso qualche forzatura nella trama, che un buon supporto della CGI ha reso più che accettabile. Le fisica quantistica e i problemi sulla relatività generale rappresentano l’impianto base di tutta la storia, un campo in cui è difficile destreggiarsi da profani benchè il film si sforzi in tutti i modi possibili di indorare la pillola.

635505429981243250-interstellar-03Si comincia con le problematiche relative alla conformazione sferica di un Whormehole, il quale è solitamente rappresentato come un buco piatto nello spazio, rappresentazione schematica in due dimensioni di oggetto che nella realtà teorica è tridimensionale. Proprio come quello che nel film, in prossimità di Saturno e di forma sferica, permetterà l’esplorazione spaziale oltre il sistema solare.  Si prosegue con i paradossi temporali legati alla forza gravitazionale di un buco nero immaginario chiamato Gargantua, il quale introduce nel film le problematiche relative allo scorrere del tempo. In pratica più si è soggetti alla gravità bel buco, più il tempo rallenta fino ad un rapporto che prevede per ogni ora trascorsa ben sette anni trascorsi lontano dalla sua orbita. Ed infine si giunge al più topico degli enigmi: la caduta nel buco nero e le relative conseguenze quantistiche. Interstellar segna un primato tra le pellicole sci-fi hollywoodiane nel rappresentare per la prima volta in modo assolutamente esatto come apparirebbe un buco nero. Gargantua è stato concepito con le computer grafica, ma partendo dai dati reali del fisico di fama internazionale Kip Thorne, il quale ha dato un apporto significativo alla produzione, restando in qualche modo affascinato nel vedere sullo schermo ciò che prima era solo un ammasso di formule matematiche. La complessità delle forze gravitazionali esercitate da un buco nero è tale che luce e spazio si deformano assumendo forme curve del tutto inaspettate se osservabili ad occhio nudo.

 I pianeti visitati dai protagonisti in ricerca di una nuova terra da conquistare hanno tutti una superficie dominata da un elemento ridistribuito in modo preponderante e che non lascia spazio alla biodiversità. Si passa de un pianeta interamente dominato dall’ acqua e soggetto a un costante motondoso di proporzioni bibliche  ad uno invaso dai ghiacci e palesemente inospitale, con crepacci taglienti e nuvole così fredde da essersi ghiacciate, oscurando parte della superficie. Solo il terzo pianeta si rivelerà decisamente più adatto ad ospitare la vita.

interstellar-skip-cropUn elogio va fatto nuovamente a Matthew McConaughy per l’encomiabile performance da cowboy spaziale che mai piscia, mai caga, mai mangia e raramente sonnecchia. Un terminator dello spazio insomma, perfetto nei panni di quello a cui hanno appioppato l’onere di salvare nientepopodimeno che tutta la specie umana. Una missione di recupero in verità, poichè il suo compito sarà quello di recuperare una delle squadre Lazarus, precedentemente inviate dalla NASA per esplorare lo spazio oltre la nostra galassia alla ricerca di nuovi mondi abitabili dall’uomo, minacciato sulla terra da una piaga apparentemente batteriologica che sta decimando il cibo e convertendo in azoto l’ossigeno dell’atmosfera.

Trama incasinata per un risultato probabilmente a rischio premio oscar, quantomeno per la sceneggiatura originale. Lo hanno dato a Cuaron l’anno scorso per Gravity, lo ridaranno a Nolan quest’anno. Sprecatissima la presenza nel film di Anne Hathaway, oscurata dall’ombra di  McConaughy per tutto il film, nonchè quelle di Matt Damon e Casey Aflleck, nomi eccellenti per particine adatte più a degli esordienti.