Gods of Egypt – Recensione
E’ inutile che il regista Alex Proyas si incazzi sbraitando contro i critici che hanno stroncato il suo odioso film, Gods of Egypt è stato snobbato anche dal pubblico di mezzo mondo. Proyas ha recentemente attaccato via social network tutti quelli che hanno espresso pareri negativi verso la sua ultima fatica, incurante del fatto che il film è oggettivamente brutto e si mostri artisticamente come una corsa ai ripari dopo il naufragato lungometraggio Paradise Lost.
Era il febbraio del 2012 quando la Legendary Pictures staccò la spina al film, liberamente ispirato all’omonimo poema di John Milton. Alex Proyas venne scelto come regista perchè aveva già dato prova di trovarsi a proprio agio con film carichi di CGI come Io Robot e pellicole dark quali Il Corvo e Dark City. Il film richiedeva un ingente budget a fronte della massiccia tecnologia necessaria per inscenare le battaglie celestiali fra l’esercito dei demoni e quello degli angeli e si cercò di limitare l’investimento a 120 milioni di dollari. Il crescere del bisogno di denaro per via dell’ambizioso progetto fece accantonare il film. Erano coinvolti nel progetto Benjamin Walker (Michele), Casey Affleck (Gabriele), Diego Boneta (Adamo), Camilla Belle (Eva), Dijmon Hounsou (Abdiel, l’agelo della Morte) e Bradley Cooper (Lucifero). Trapelarono in internet alcuni concept che lo vedevano nei panni dell’angelo caduto, ricordando in misura piuttosto ravvicinata il recente lavoro di Proyas.
Perchè questi due progetti tanto ravvicinati parlano di divinità che si fanno la guerra ereditando un medesimo look? Perchè Gods of Egypt ha avuto il via libera anche se ha richiesto un budget superiore a Paradise Lost? Probabilmente parlare del dio cristiano in chiave blockbuster avrebbe spaventato i detrattori di Proyas, i quali sarebbero stati più favorevoli a spostare l’attenzione su qualcosa di mitologico e dimenticato come il pantheon degli dei Egizi. Sono ovviamente rumor e speculazioni, ma la lettura di questi fatti ci sembra ora più plausibile che mai pensando ad un piano di salvataggio della pre-produzione di Paradise Lost.
In Gods of Egypt la guerra inizia per volontà di Seth, il dio de caos e del deserto che mal digerisce il passaggio del trono d’Egitto da suo fratello Osiride a suo figlio Horus. Irrompendo durante la cerimonia di proclamazione, Seth uccide Osiride e priva Horus degli occhi, fonte del suo potere, rendendolo suo schiavo tra l’oscurità di una piramide. Gli altri dei dell’Egitto non possono fare altro che piegarsi alla sua forza rancorosa, ad iniziare dalla dea dell’amore Athor, che sceglie di mettere da parte la sua attrazione per Horus entrando svogliatamente nel letto di Seth. Sarà il ladruncolo mortale Bek a spezzare l’equilibrio, determinato a liberare Horus in cambio della possibilità di resuscitare dalla morte la sua amata la cui anima vaga verso i cancelli dell’oltretomba scortata dal Dio Anubi. In questo groviglio di eventi avremo, come in un episodio di Scontro di Titani, il piacere di seguire Horus e Bek nella loro avventura tra un’insidia e l’altra, tra bestie mitologiche e viaggi spazio-orbitali sul vascello del dio Ra, impegnato a traghettare il sole e respingere la voracità di Apofis, un vermone colossale voglioso di ingoiare la Terra dall’alba dei tempi.
La pellicola ha due grossi difetti: un CGI da schifo e un cast da schifo. Non c’è minima credibilità in questi Dei che si trasformano in esseri meccanici con lucenti armature e nemmeno nell’idea che Gerard Butler possa essere un credibile dio Seth. Sembra un tizio appena uscito da un pub di Edimburgo senza un minimo di trucco e parrucco che possano aiutarlo ad apparire leggermente più egiziano e meno scozzese del solito. L’armatura che indossa nelle sue fattezze umane contribuisce a renderlo ancora più stupido di quanto già non lo sia nella metamorfosi in dio e volare su di una biga trainata da un enorme coleottero verde non aiuta certo a rendere credibile la sua interpretazione (perchè poi usare questo mezzo volante se sa volare già di suo?).
Odiosa anche l’idea che gli dei sanguinano oro, come quella di sbiancare l’intero cast per strizzare l’occhiolino al mercato occidentale secondo un trend che ha già affossato film mastodontici del calibro di Exodus – Dei e Re e che il sito hitfix.com si è divertito a sottolineare individuando tutte le comparse che di egiziano non hanno nemmeno un unghia dei piedi (esempio). Salva il film l’interpretazione di Nicolaj Coster-Waldau nel ruolo di Horus che, con il supporto di Elodie Youg (Athor) e Chadwick Boseman (Thot), riesce a sollevare le sorti di una pellicola altrimenti destinata al novero di un film di produzione Asylum. Gravissimo non aver sfruttato appieno un cast simile in fase promozionale, arrivando perfino a nascondere Geoffrey Rush (Ra), che conserva una parte di rilievo all’interno del film. L’unico espediente apprezzabile in questo giallognolo film dai vuoti contenuti è l’utilizzo della differente scala dimensionale tra un dio e un mortale per sottolineare la superiorità di una razza rispetto ad un’altra.
Gods of Egypt è brutto, tamarro, ignorante e risulta un disastro produttivo a tutti gli effetti che ha incassato solo 41 milioni di dollari world wide contro i 140 milioni di budget spesi per metterlo in piedi. Potrebbe non arrivare a 80 milioni e diventare il primo vero flop del 2016.