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Blair Witch – Recensione

Troppa poca originalità nel sequel moderno di The Blair Witch Project, horror low budget di inzio secolo che scosse non poche persone dell’epoca. In tavola c’erano tutti gli elementi per far si che questo nuovo capitolo elevasse la saga ad un gradino superiore, accontentando tutti coloro che a suo tempo puntavano il dito verso un horror che non svelava nulla di realmente terrificante. 

Si parte da una connessione di fondo: il fratello della scomparsa Heather decide di seguirne i passi per svelare il destino che ha incontrato anni addietro la sorella e magari ritrovarla in vita. Grazie ad un utente di youtube ed un misterioso video da lui pubblicato sulla vicenda, il giovane decide di mettere su una squadra di amici determinati ad addentrarsi nel bosco, armati di droni, telecamere a infrarossi e GPS. 

Se le premesse del film ricalcano quelle del suo padre originale, la storia si avvita ben presto su se stessa trovando nelle classiche corse notturne nel bosco con torcia difettosa in mano l’unico vero metodo per creare terrore. Anche in Blair Witch i movimenti sospetti dell’entità si avvertono durante il primo pernottamento nel bosco e, come nel film di 17 anni fa, i primi malcapitati spariscono perchè si avventurano nell’oscurità per la solita minzione notturna fatta a centinaia di metri dall’accampamento (ma farla dietro la tenda no?).


Blair Witch cerca in tutti i modi di sminuire la storia di fondo e non approfondisce le motivazioni che portano i protagonisti ad addentrarsi nel bosco in cerca della cara Heather. Ad uscire di scena per primo sarà ovviamente il ragazzo di colore, perseguendo il tipico clichè di tutti gli horror fatti finora. Come in uno slasher in piena regola le morti si susseguono sfoltendo la mandria fino a condurre gli unici sopravvissuti alla famigerata casa nel bosco. 

Con lo scopo di terrorizzare senza ripetersi troppo, Blair Witch somma due espedienti non presenti nel primo capitolo. La notte difatti si fa eterna, dando campo libero all’entità di colpire in qualsiasi momento e disorientando al contempo i sopravvissuti. Inoltre si è deciso di mostrare la strega in fugaci inquadrature che ne mostrano l’aspetto ragnesco, accontentando tutta quella voyeristica fetta di pubblico che tanto si lamentò del primo capitolo poco generoso in questo frangente. Restano insoluti tanti dettagli della storia, dalle luci esterne alla casa (Ufo?) alla plausibilità della notte eterna, dal ora-ci-sono/ora-non-ci-sono della casa maledetta all’assenza di una via di fuga dalle grinfie della strega. 


Un horror senza il premio della salvezza è un vicolo cieco, una storia dal destino già scritto che non riserverà troppe sorprese nel suo sviluppo. Se il primo film trovava in questo meccanismo la conferma alla terribile malvagità della strega, stavolta sarebbe stato meglio mostrare un espediente in grado di garantire la salvezza dalla casa, magari dopo un confronto verbale con l’entità. Ci sarebbe piaciuto questo confronto, questo entrare nella testa della strega di Blair e scoprirne i segreti attraverso il dibattito in stile L’esorcista. 

Chi ha patito l’ansia guardando il primo film, proverà anche stavolta un tiepido senso di disagio, ma terminata la messa in scena si renderà conto che in fondo è stato tempo sprecato.