Bad Boys: Ride or Die
Bad Boys: Ride or Die è il quarto capitolo del franchise Bad Boys, e sembra che i detective Mike Lowrey e Marcus Burnett non vogliano proprio appendere il distintivo al chiodo. Il film, diretto dai registi del precedente capitolo Adil El Arbi e Bilall Fallah, si rivela una sorpresa: è folle, sregolato, adrenalinico e sanguinoso, ma non privo di difetti.
La storia
Dopo la morte di Isabel Aretas, il detective Mike Lowrey si sposa con la sua fisioterapista, Christine. Durante la cerimonia, il suo partner, il detective Marcus Burnett, subisce un lieve attacco di cuore e va in coma. In questo stato, Marcus ha una visione del loro defunto capitano, Conrad Howard, che gli dice che non è ancora il suo momento. Quando si risveglia, crede di essere immortale.
Tuttavia, si scopre che il capitano Howard è stato coinvolto in un affare con i cartelli della droga. Nonostante la sua reputazione postuma compromessa, Mike è determinato a dimostrarne l’innocenza con l’aiuto di Marcus, del capitano Rita Secada e del nuovo fidanzato di Rita, il candidato sindaco Adam Lockwood. Nel tentativo di scoprire la verità, Mike e Marcus si imbattono nel figlio di Mike, Armando Aretas, incarcerato per l’omicidio di Howard. Armando sostiene che il capitano non fosse corrotto, ma sapeva chi lo fosse. La sua morte è stata causata proprio da questa vicinanza alla verità.
Insieme, Mike e Marcus cercano di smascherare i veri colpevoli e ripulire il nome del loro capitano.
L’azione non invecchia (troppo)
I pareri sono abbastanza concordi: l’accoppiata Smith-Lawrence funziona ancora. La loro alchimia è indubbia e le sparatorie e gli inseguimenti in pieno stile Bad Boys non deludono. Nonostante siano passati 29 anni dal primo capitolo, il duo non invecchia e gioca bene la partita tra cambi generazionali, acciacchi della vecchiaia e acrobazie al limite del possibile.
Una ventata di novità (forse troppa)
I registi Adil El Arbi e Bilall Fallah, già alla guida di Bad Boys for Life, puntano su un’estetica action sopra le righe, con sequenze che strizzano l’occhio a videogiochi e animazione. Questo approccio ha diviso la critica: c’è chi apprezza la freschezza e chi rimpiange la classicità dei primi due capitoli diretti da Micheal Bay, presente anche in questo episodio con un cameo (guida la porsche che Smith guidava nel primo film). Il film utilizza in alcune scene la tecnica della ripresa in prima persona, come se lo spettatore fosse al posto del protagonista. Nel video Will Smith filma una scena con questa cam indossabile.
Un pizzico di nostalgia (ma non troppa)
Bad Boys: Ride or Die non dimentica il passato. Aspettatevi qualche riferimento ai vecchi tempi e il ritorno di personaggi storici. Tuttavia, il film guarda soprattutto avanti, provando a inserire i due detective un po’ in là con gli anni in un contesto moderno. L’idea è quella di lasciare spazio anche ai personaggi apparsi già nel terzo capitolo come membri della Hammo (la squadra di agenti nerd esperti in nuove tecnologie) in vista forse di un futuro passaggio di testimone senza Mike e Marcus.
In conclusione
Bad Boys 4 è un film divertente e adrenalinico, che piacerà agli amanti del genere e ai fan della saga. Non è perfetto. La trama non brilla per originalità e ha una componente action che strizza un po’ troppo l’occhio ai blockbuster moderni, con dei virtuosismi spesso eccessivi.
Resta comunque un’opera che punta sul duo protagonista e sulla loro amicizia, elementi che da sempre sono il cuore pulsante di Bad Boys.