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Bumblebee – Come sono nati i robottoni

Parliamo di Robot, Jager e Mecha. Nella cultura nipponica, “mecha” è un termine che identifica un gigantesco robot pilotato da un essere umano, in grado di combattere scontri fisici con nemici altrettanto enormi, nonchè un sottogenere di anime i cui protagonisti sono colossali macchine antropomorfe. La letteratura di riferimento li suddivide in due categorie: super robot, carichi di elementi irreali, infallibili e fulcri inamovibili della trama, e real robot, aderenti a una realtà scientifica plausibile, vulnerabili e riproducibili in massa come qualsiasi veicolo militare. Gli anni ’70 hanno rappresentato l’alba di questo fenomeno robotico, generando una produzione di personaggi ormai entrati a pieno titolo nella cultura pop come vere icone immortali.


c_res_actarusegoldrakefh3Oggi i mecha ritornano alla ribalta con gli Jager di Pacific Rim, ma la strada che li ha visti protagonisti è ricca di variazioni sul tema e deviazioni.  Era il 1972 quando Go Nagai fu il primo a pensare un anime che avesse come protagonista un robot. Rimasto imbottigliato in un lungo ingorgo stradale immaginò quanto sarebbe stato comodo se la sua auto avesse avuto la capacità di trasformarsi e volare via. Un’idea che piacque alla Toei Animation, la quale sviluppò per prima il progetto. Nasce Mazinga Z. Inizialmente il giovane pilota Koji Kabuto avrebbe dovuto pilotare il robot entrando platealmente sulla cabina di comando in sella alla propria moto, ma le successive evoluzioni del personaggio portarono i disegnatori a scegliere un più comodo veicolo volante. Nel 1975, a distanza di tre anni, nasce sempre per mano di Nagai Ufo Robot Goldrake, la prima serie mecha ad essere importata in Italia, inizialmente trasmessa col nome di Atlas Ufo Robot nel 1978. Il robot è più versatile del suo predecessore, più componibile e ha un’origine aliena; il pilota Duke Fleed è un principe fuggito  dal suo pianeta natale, invaso dalle truppe del feroce Re Vega, a bordo di un avanzatissimo robot da battaglia. Sbarcherà sulla terra in gravi condizioni, ma verrà trovato dal dott. Procton il quale lo spaccerà per suo figlio Actarus, tornato da un lungo viaggio. L’anime si caratterizza per la contaminazione con alcuni temi dominanti di Mazinga Z, dando spazio e voce al suo protagonista: Koji Kabuto affiancherà Duke Fleed per tutta la serie nel ruolo di un tecnico inventore di alcune tecnologie installate sul robot e i due “mecha” troveranno un posto naturale nel cross over cinematografico del 1978 Ufo Robot contro Mazinga Z.


 

dd49298c36bfbccbf06edb327e3f7a96Sempre nel 1975 vede la luce Jeeg Robot d’Acciaio, da un soggetto del lanciatissimo Go Nagai, il cui pilota smette di essere un semplice pilota e si fonde con il mecha, diventandone parte integrante. Potente e componibile, le parti del corpo possono essere sparate da un veicolo indipendente (Big Shooter) e hanno la capacità di comporsi all’occorrenza, integrandosi con la testa. Il protagonista Hiroshi è il figlio di uno scienziato che impiantò nel suo torace una campana miniaturizzata il cui potere era quello di renderlo invulnerabile. Hiroshi, pilota di macchine inconsapevole dei suoi poteri, dopo la morte del padre per mano della regina malvagia Himica, scopre il suo talento e l’eredità tecnologica che gli è stata lasciata, sopravvivendo a un incidente mortale in macchina. Jeeg non è un mecha comandato da un pilota, Hiroshi è Jeeg (o meglio la sua testa). Con la capacità di trasformarsi nel cranio robotico riesce a chiamare a sè le altri parti del corpo sparate dal Big Shooter pilotato da Miwa, la sua assistente. La fusione uomo-macchina diviene massima, venendo meno l’idea del mecha come inanimato strumento da guerra. Se Jeeg fosse stato danneggiato a morte in battaglia, l’eroe sarebbe morto con lui senza possibilità di salvarsi. Un anime che segna un passo avanti verso lo sviluppo tematico del genere a cui appartiene.


Yattaman_3_by_EnricoGalliCome goliardica variazione sul tema mecha, Yattaman vede la luce nel 1977 dalla penna di Tatsuo Yoshida e non ha nulla a che vedere con i robot che lo precedono poichè differenti sono le tematiche. La minaccia rappresentata dai villain del Trio Drombo è volutamente ridicola e richiede una nuova specie di eroi per essere scongiurata: il duo Ganchan e Janet ovvero gli Yattaman, entrambi tredicenni che celano la loro identità dietro una maschera. La loro arma? Una sorta di gioco giapponese per bambini elettrificato, la kendama e dei robot che hanno tutti forme di animali (dal cane al pellicano) e fungono da mezzi di trasporto per altri robot più piccoli,  puntualmente aizzati come uno sciame di insetti  contro i poco funzionali veicoli del Trio Drombo al termine di ogni episodio. La struttura narrativa è sempre uguale e termina con i malvagi che pedalano al tramonto su di un tandem e pronti a ricevere la punizione dal Dott. Dokrobei, il loro misterioso capo, rappresentato da un teschio e mai mostrato in faccia.


daitarn_3_126Dal 1978 in poi qualcosa cambia. Non vi sarà più un solo pilota, ma ben tre nell’anime di culto Daitarn III, creato da Yoshiyuki Tomino. Trasformabile in più veicoli e alto ben 120 metri, è uno dei robot più grandi della storia del genere. Di origine marziana, pilotato dal figlio del suo creatore Haran Banjo, oppostosi al dominio dei Meganoidi, giunge sulla terra per sventare i piani di conquista di questi ultimi nei confronti del genere umano. Robot che sfrutta il potere del sole, primo dotato di una mimica facciale, Daitarn III ha un aspetto simile a un samurai e si dota di una serie piuttosto articolata di armi: spade, lance, corde, giavellotti, ventagli. La serie differisce rispetto ai precedenti robot di Nagai per il tono più umoristico, con ammiccamenti dei protagonisti e gag spesso incentrate sui doppi sensi. In quest’ottica gioca un ruolo centrale il personaggio di Bauty Tachibana, assistente bionda e maggiorata di Banjo che aggiunge un tocco svampito all’anime.

 


gundamodaibaNel 1979, sempre Yoshiyuki Tomino concettualizza una nuova visione dell’anime mecha scrivendo il soggetto di Mobile Suite Gundam, il cui tratto innovativo segna un punto di rottura col passato e i super robot di Go Nagai. La serie si incentra su un ricercato realismo che ne costituirà il tratto dominante. La ricerca ossessiva dell’adesione col reale porterà l’autore ad inquadrare la trama in un universo fatto di “plausibilità scientifica” precedentemente snobbata. Il Gundam è un veicolo antropomorfo dettagliato, i cui elementi trovano sempre un giustificazione (dalle prese d’aria frontali alle antenne ad onda lunga sul capo) e non sono più concepiti per un mero esercizio stilistico fine a se stesso. E’ vulnerabile, si danneggia, può esplodere, si sporca. Questa maggior umanizzazione del robot si accosta ai piloti che lo controllano, vere star della serie, carichi di problemi adolescenziali e con personalità sfaccettate e complesse. Viene meno in Mobile Suite Gundam la semplicistica contrapposizione bene-male, robot eroe-malvagio invasore. Tutto è inquadrato in una trama militaresca e politica dai toni forti, gli episodi stessi non sono più auto conclusivi ma si concatenano lasciando sempre aperta la storia a nuovi sviluppi. E’ l’alba del concetto di serialità.


 voltronGli anni ’80 sono per il genere un periodo di assestamento, con poche serie originali e molti rifacimenti. Dopo il decennio precedente, il mercato si saturò di personaggi e l’hype di cui avevano beneficiato i mecha perde vigore. In questo ambito, un insuccesso in patria conosciuto come Golion, diviene in occidente un buon prodotto, soprattutto dopo un restyling americano e un nuovo nome: Voltron. Un robot formato dall’unione di 5 veicoli a forma di leoni, distinti per colore e stazza, ognuno dei quali pilotato da un personaggio con la tuta del medesimo colore del veicolo. Cinque protagonisti terresti chiamati in prima linea per difendere la pace intergalattica e contrastare la minaccia di una razza aliena violenta. Trama dunque semplice e molto ordinaria, che si rifà più a un concetto di “unione fa la forza” che di “eroe solitario”. Il tono è molto serio, i nemici sono realmente esseri spaventosi, con sembianze spesso ricalcate su quelle di animali o insetti. Sono creature fatte di puro male, totalmente biologiche, distanti anni luce dagli antagonisti di Mazinga o Daitarn III. Puntualmente l’epilogo della battaglia vede la vittoria di Voltron per mezzo della propria spada, l’unica arma in grado di annientare il nemico. Un momento spettacolare e iconico, ma al contempo spaventosamente ripetitivo. Voltron rappresenterà l’antesignano dei mecha colorati e componibili, tra cui Megazord della serie Power Rangers.


 

2517702-2717694858-neon_Nel 1995, una serie nota come Neo Genesis Evangelion segna un passo di svolta nel genere riscrivendone alcune leggi fondamentali. L’ideatore Hideaki Anno intuisce il potenziale di un anime mecha intriso di elementi mistici, riferimenti biblici e cabalistici, spingendo al massimo sull’introspezione psicologica dei personaggi (di tutti i personaggi). Gli Evangelion sono mecha biologici e spaventosi, domati e resi pilotabili dall’uomo grazie agli sforzi ingegneristici dell’organizzazione Nerv, attiva in prima linea per scongiurare l’apocalisse ad opera degli Angeli, creature imponenti che intendono distruggere l’umanità. I piloti che controllano gli Eva sono ragazzini di circa quattordici anni, i children, e sono gli unici in grado di poter stabilire una forte connessione neurale con l’Eva. Siamo più nel campo dei Real Robot che dei Super Robot, anche se una netta distinzione è infattibile: benchè gli Eva siano vulnerabili e utilizzino armi scientificamente possibili, vanno al contempo fuori controllo (stadio di berserker) e si comportano irrazionalmente seguendo una volontà propria. A fare della serie un cult generazionale contribuirono inoltre le musiche e la regia, più action e volta a uno stile analogo a quello dei blockbuster Hollywoodiani. Un anime che non smette di evolversi, data la progressione di film che ne espandono e aggiornano lo stile ai tempi attuali.  Innumerevoli saghe mecha hanno conosciuto nel tempo una propria evoluzione e un proprio sviluppo narrativo oltre quelli citati: da I cieli di Escaflown a Patlabor, da Sfondamento dei cieli a Full Metal Panic, passando per i Tranfosmers  e Daltanius. Solitamente c’è un pilota a controllarli ma nei casi più estremi sono macchine senzienti e autonome, dotate di coscienza propria. Una vera giungla di sfumature e derivazioni che continua però ad affascinare i nerd di tutto il mondo e chi è cresciuto negli anni ’80 davanti ai programmi di Odeon Tv (come il sottoscritto).