Lo Hobbit: La desolazione di Smaug in HFR 3D

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E’ sempre un po imbarazzate parlare male dei propri miti cinematografici, denigrarli dopo tutto quello che ti hanno dato. Sarà difficile distruggere in poche righe Peter Jackson e il suo lavoro, ma ci proverò ugualmente perchè quello a cui ho assistito ieri è indifendibile sotto ogni punto di vista.

La Storia. La compagnia dei nani insieme a Bilbo e Gandalf è intenta a raggiungere la Montagna Solitaria per riprendere possesso di Erebor, l’antica città dei Nani. Attraversando le oscurità di Bosco Atro e separatisi dallo Stregone, la compagnia si imbatterà in una colonia di ragni colossali che li prenderanno nel sacco per divorarli. L’arrivo di una squadra di elfi silvani in pattugliamento li salverà, e da prigionieri verranno condotti al cospetto del Re Thranduil. Tramite uno stratagemma di Bilbo lasceranno il bosco e si imbatteranno in Bard L’arciere, abitante di Pontelagolungo, la cittadina sul fiume alle pendici della Montagna Solitaria. Nel mentre Gandalf si recherà a Dol Guldur per ispezionare quel luogo oscuro già visto nel primo capitolo, trovandovi il Negromante e venendo a conoscenza del ritorno di Sauron, l’oscuro signore. I Nani recatisi a Erebor grazie alle istruzioni di un’antica profezia investiranno Bilbo del compito di ritrovare l’Archengemma all’interno delle sale del tesoro e di scontrarsi col drago Smaug, il possente lucertolone alato che da decenni ha preso possesso di quei tesori.

Personaggi. Per mia colpa, mia colpa e mia massima colpa non ho mai terminato di leggere il libro per noia. A differenza de Il signore degli Anelli, Lo hobbit è un libro per bambini, una storiella di poche centinaia di pagine che sfiacca la mente tanto è scritta in modo  bimbesco. Non sono mai riuscito ad andare oltre il momento della fuga dei nani dal reame di Thranduil, dunque non so per certo quanta aderenza c’è tra film e libro. Quello che so è che ci sono alcune grosse cagate di non poco peso nel film. La presenza dell’elfa Tauriel e il terribile cliffangher finale sono due casi emblematici. Peter Jackson non è estraneo all’arte di prendere i libri altrui e colorirli con personaggi inesistenti per inventarsi ad hoc situazioni che non stanno ne in cielo ne in terra. Famosa fu nella trilogia originale la scena ambientata ad Osgiliath alla fine delle Due Torri. Nel caso de Lo Hobbit, Jackson scrive di proprio pugno il personaggio di Tauriel (Evangeline Lilly) come personaggio femminile in un film retto solamente sulla presenza di attori maschi. Il Tentativo poteva essere lodevole ma le situazioni paradossali che la coinvolgono rovinano tutto. Il triangolo amoroso che sembra coinvolgerla insieme a Legolas e il nano Kili è un qualcosa che fa arricciare il naso fin da subito, soprattutto se si considera quello che è uno tra i topoi dell’universo Tolkieniano: Nani e Elfi si odiano. Dunque come si può maturare la pretesa che ci possa essere questo risvolto melò all’interno di tale sottotrama? E’ vero che nella trilogia Gimli maturava una vera e propria infatuazione per Galadriel, ma qui i presupposti per lo sviluppo del rapporto Elfa-Nano sono superficiali e non approfonditi. A peggiorare il tutto, la scena finale che li coinvolge sembra trapiantata dritta dritta da quella stessa scena a Colle Vento ne La compagnia dell’Anello in cui Frodo veniva pugnalato dal Re degli Stregoni di Angmar con il pugnale morgul e salvato in extremis da Arwen e Aragorn dopo impacchi di saliva e Foglia di Re.

Il ritorno di Legolas non è così entusiasmante come me lo ero immaginato. Di presenza scomada, capace solo di fare un po di Kung Fu Elfico ma senza mai imporsi come personaggio di rilievo, perde tutto il carisma guadagnato nella Trilogia e si abbassa a un livello attoriale superficiale e deludente. Peccato anche per Thranduil, il re del Reame Boscoso. Personaggio solo abbozzato, che viene abbandonato con la stessa velocità con cui entra in scena. Anche qui non c’è una buona integrazione a livello di script tra protagonisti ed eventi, cosicché  una volta che i nani fuggono da Bosco Atro già possiamo intuire  che non godremo più della vista del re degli elfi o delle sue armate. Non ultimo il cliffangher finale (cioè la chiusura brusca del film) lascia l’amaro in bocca dato che, improvvisamente, quando ci si ritrova nel centro dell’azione con il drago Smaug incazzato nero, boom! Fine del film. Titoli di coda.

HFR. Ero curioso di sperimentare la rivoluzionaria tecnologia a cui Jackson si è rifatto con la stessa intraprendenza con cui, a detta sua, si passò dalla tv in bianco e nero a quella a colori. A suo dire l’HFR (High Frame Rate) sarebbe stato il rivoluzionario formato del nuovo cinema moderno, ma credo si fosse fumato un po troppa Erba Pipa quando si è immaginato una esperienza filmica così allucinata e sconnessa. Il pregio dell’ HFR è quello di rendere così nitide le immagini da evitare l’effetto sfuocato durante repentini movimenti di macchina, mantenendo inalterata la luminosità della pellicola e regalando una sensazione molto immersiva. Peccato che sembra di assistere ad una fiction televisiva ove si perde tutta la magia del cinema in quanto tale, quel senso di filtro solitamente percepito come interposto tra la realtà e il mondo oltre lo schermo. Si perde il senso di evasione dal quotidiano e di immersione nella dimensione parallela in celluloide, maturando la pretesa di un realismo che francamente non mi ha emozionato. Inizialmente la velocità dei 48 fbs (frame per secondo) è straniante e si vive un cinema a cui non si è abituati; poi l’occhio si abitua e tutto migliora, senza smarrire mai però la percezione di filmato da videogioco comune ad un qualunque Assassin’s Creed. Le creature escono spesso sconfitte da questo gioco di frame elevati e luci hi-tech. In particolare gli orchi (realizzati quasi sempre in CGI) che appaiono deliberatamente finti, plasticosi, congeniati male e senza personalità (salvando Azog L’usurpatore); non se ne comprendono i piani e sono mere entità usate per sviluppare l’idea che Sauron sta riprendendo vigore e sta radunando un’esercito. ragni gigantiLa loro resa è inferiore a quella de Il Signore degli Anelli, e ancora mi domando come si possano creare orchi più brutti di quelli elaborati con una tecnologia di undici anni più vecchia.  Per contro i Ragni di Bosco Atro sono sicuramente gli aracnidi giganti più convincenti che abbia mai visto sullo schermo: agili, minacciosi, organizzati come una piccola armata.  L’ HFR qui fa un lavoro eccellente, regalando una nitidezza d’immagine stupefacente. Ho molto apprezzato l’espediente usato da Jackson per non perdere un dettaglio rilevante della storia: i ragni parlano. Nel libro comunicano tra loro usando una lingua del tutto comprensibile a Bilbo, diversamente da Shelob che si limitava a sibilare e ringhiare. Ne lo Hobbit è  l’anello che da a Bilbo il potere di comprendere la lingua dei ragni, trovando un ottimo compresso tra credibilità delle creature (i ragni non parlano) e l’originalità del libro.

La loro presenza sullo schermo dura poco ed è sbrigativa come una pratica d’ufficio che viene archiviata per passare ad altro. Non c’è un senso di minaccia, ne di paura; è solo una scena d’azione spettacolare che si conclude per lasciare spazio ad altro! Cose che fanno incazzare, perchè il senso di slegatura tra gli eventi diventa potente se si agisce in questo modo, lasciando un mero spettacolo per gli occhi senza nessuna interconnessione con la storia. Veramente siamo ancora a questi livelli? Tralasciando il discorso riguardante Beorn il Mutapelle che in pratica è assente (tanto valeva fargli fare la fine che avevano fatto fare a Tom Bombadill ne La compagnia dell’anello) rimando la questione drago Smaug alla fine.

Peter Jackson. Dopo questa porcata di film,  durante il quale ho guardato almeno 4 volte l’orologio, mi sento di mandare ufficialmente a quel paese Peter Jackson, per avermi costretto a ingoiare 160 minuti di film tortura, alle 22.30 e in formati strani privi di senso. La sua idea di allungare il brodo da due a tre film poteva essere buona se avesse avuto l’intraprendenza di fare tre film dove questa sensazione fosse venuta meno. Invece si sente, e cazzo fa male! Ore di lunghi discorsi e vuote ciance senza senso fatte più o meno da tutti i protagonisti per il solo fine di allungare la durata del film e giustificare l’operazione commerciale. Il dramma è che queste ciance non migliorano la percezione degli eventi, rappresentando solo un lungo ed estenuante monologo senza fine fatto da nani, elfi, stregoni, orchi e uomini. Pure il drago Smaug è logorroico. Un drago che riconosco essere il miglior drago si sempre, buon incrocio tra Draco di DragonHeart e i draghi de  Il regno del fuoco. E’ malefico,  veloce, loquace. Per quasi venti minuti ci sfiacca con i suoi discorsi e non ho sentito quell’appagamento che mi aveva dato la scena di Gollum alla fine del primo film. Una personalità complessa, egocentrica, che ruba volente e nolente la scena a tutti i protagonisti. Un drago realizzato sapientemente con una CGI superba, soprattutto se si considera come i suoi movimenti facciali siano stati trapiantati dalla faccia di Benedict Cumberbatch attraverso la sua performance capture, ma che arriva aimè al termine di un film lungo e pesante.

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Concludendo.  lo Hobbit è un film deludente. Pesante e mal concepito. Una produzione meramente commerciale sviluppata per fare cassa e soddisfare le tasche dei creditori. L’assenza di una fonte scritta corposa su cui rifarsi ha portato a colorire la storia originale  con artifici molto discutibili che hanno fatto del film un’opera senza senso, o quantomeno discutibile. Ingiustificabile una divisione da due a tre film, benchè riconosca che si potrà giudicare l’opera completa solo l’anno prossimo con l’arrivo del terzo capitolo La battaglia dei cinque eserciti.