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Chef – La ricetta perfetta

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Che il regista Jon Favreau amasse la cucina si era capito già da tempo. All’epoca del primo Ironman era così magro da sembrare quasi irriconoscibile. Una perdita di peso quasi estrema, durata pressochè due annetti, vista la sua stazza già in Ironman 2 . Nella sua nuova pellicola priva di effetti speciali, esoscheletri meccanici e alieni (ricordando il discutibile Cowboys and Aliens del 2011) Jon è più grasso che mai e ci propina una super carrellata di piatti cucinati, alchimie culinarie e vuoti di trama che lasciano spesso in bocca quel fastidioso retrogusto da “film sbagliato”. Dopo soli 50 minuti sembra che ne siano trascorsi 300 e i tempi morti non aiutano purtroppo a digerire la cosa. Il film, che usa il pretesto delle classiche frustrazioni di un affermato cuoco per il non potersi esprimersi appieno in cucina poichè legato da ragioni di business del ristorante in cui lavora (respira!), narra tutta (e dico tutta) la parabola esistenziale del protagonista, dal rapporto col figlio adolescente alla guerra con il più scontroso critico culinario di Los Angeles (oliver Platt), dall’ improvviso licenziamento per mano del capo (Dustin Hoffman) alla sua resurrezione con l’utilizzo di un food track (a Cagliari li chiamiamo Caddozzoni). La storia è quindi banalotta, molto stiracchiata nonchè un pretesto per intavolare un film che è una luuunga sviolinata d’amore di Favreau per il mondo dietro i fornelli. Inquadrature strette sui cibi che sfrigolano, montaggio frenetico sulle procedure di preparazione di uno spaghetto alle vongole perfetto e passaggi repentini dal cibo italiano d’alta classe allo street food cubano che solo a Miami (e Cuba) puoi ritrovare, sono alcune scelte registiche che decide di adottare per pilotare la trama, scelte che alla lunga però prendono alle palle per la loro ripetitività.

Quello che apprezzo del cinema di Favreau è però l’intimità dei suoi progetti, quasi come se fossero animati da una combriccola di amici. Nel film si affida ad un cast di volti conosciuti durante il suo percorso ad Hollywood. Chef sembra una reunion di vecchie amicizie conosciute in particolare durante la saga di Ironman. Sia Scarlett Johansson che Robert Dawney Jr. fanno comparsate non troppo lontane dai personaggi di Tony (istrionico, modaiolo, playboy-genio-miliardario-filantropo) e dell’agente Romanov dello SHIELD. Ritorna davanti all’obiettivo anche l’ottimo John Leguizamo, attore di talento la cui carriera non è mai realmente decollata ma che è impossibile non ammirare per le sue doti.

Il risultato dopo 100 minuti di Chef ? La noia galoppa per la prima ora con risvolti più interessati sulla seconda parte. Favreau (regista e protagonista, ma anche sceneggiatore e produttore) non riesce a reggere il peso del film sulle spalle, trasformando il suo one-man-show in un mezzo fiasco. La passione per la cucina e l’amore per il cibo come espressione di se stessi sono messaggi ben veicolati dalle immagini e giungono allo spettatore senza troppi filtri. Un film da lui cotto e mangiato, che riserba però sia luci che ombre. E’ apprezzabile nel complesso ma non riesce a reggere il confronto con pellicole culinarie meno recenti e più di impatto come Ricette D’amore (2001) o Sapori e Dissapori (2007).